giovedì 22 gennaio 2009

Luciano Benini Sforza, "Oltre la città" (poesie inedite)

Le poesie inedite di Luciano Benini Sforza che ora presentiamo riprendono e proseguono in modo coerente, e forse approfondendone, illimpidendone e rendendone ancor più acute e rigorose la tessitura stilistica e la trama intellettuale, il discorso creativo già avviato con Padri a Nord-Ovest.

Questi nuovi versi sono attraversati dalla stessa dialettica fra il chiuso e l'aperto, il raccoglimento interiore del “viaggio intorno alla propria stanza” e lo sguardo gettato su un vasto mondo contrastato, contraddittorio e sofferente, che pervadeva il libro precedente.

Da un lato, vi è la lucida ed inquieta analisi dell'intellettuale che, senza allontanarsi materialmente dal suo angulus, vede e soffre (fosse pure solo attraverso l'immateriale e luminoso filtro di un monitor, tramite la sottile, palpitante ed infiammata guaìna della smaterializzazione digitale, nell'incorporeo alone del medium elettromagnetico), da spettatore compartecipe, cosciente e simpatetico, il traumatico divenire di una realtà lacerata e insanguinata, percorsa da fragori di conflitti lontani, eppur così vicini, solcata da frontiere insidiate e bagliori sinistri di armate.

Dall'altro lato, l'immagine ridente e serena della nipotina sembra incarnare (con movenze che paiono ricordare il Saba di Cose leggere e vaganti) ciò che resta di una purezza edenica, di un'innocenza originaria, di una tersa e primordiale scoperta del mondo e delle cose nel sereno aspetto della loro immediatezza e della loro luminosità aurorali ed incorrotte.

Ma, nel contempo, Benini Sforza sembra riattraversare nuovamente, e criticamente, i perenni modelli, gli archetipi fondanti della modernità novecentesca – dal denscensus ad inferos del Montale di Arsenio al Valéry del Cimitero marino. “L'onda di luce che il faro a Marina / scaglia tutte le notti a pescare nel cielo / sorprende un vento nuovo / umano e non umano”. Il vento che in Valéry “si leva”, esortando gli uomini a “tentare di vivere”, si satura qui di allusioni e di spiragli metafisici, di simboli sacrificali e purificatori. Esso divene, forse, simile alla biblica ruah, all'ineffabile e imponderabile soffio vitale - o alla “voce di sottile silenzio” attraverso cui Dio parla in Isaia –, senza per questo identificarsi con alcuna religione rivelata, e mantenendo anzi la libera indeterminatezza che è propria del poetico.

Il “fondo aperto degli occhi” è allora l'Abgrund degli esistenzialisti così come l'abisso della mistica negativa - uno spiracolo affacciato sul vuoto dell'inconoscibile, sulle tenebre del totalmente altro, sul fondamento dell'assenza di fondamento. E la provincia (etimologicamente ad un tempo “pro victa” e “longinqua”, posseduta e lontana, preventivamente acquisita e sempre sfuggente, inafferrabile, insondabile, in parte sconosciuta proprio perché apparentemente nota ed evidente) si dilata e si protende, allora, “oltre la città”, si fa teatro prezioso del “mistero in piena luce”, golfo mistico in cui si sdipana una fantasmagoria di eventi e di segni che tanto più si sottraggono alla presa conoscitiva quanto più si crede di averli afferrati e di mantenerli, di dominarli nella certezza delle credenze, dell'ovvio e del quotidiano - di averli per sempre riposti, direbbe Vittorini, nella grigia, ma rassicurante, “quiete della non speranza”.

Viceversa, il "principio speranza", come lo chiamava Bloch, è possibilità e insieme inquietudine, apertura ed angoscia, opportunità e pressione della scelta, azzardo e responsabilità, ma sempre fiducia e sommessa giocate sul persistente valore dell'uomo, che nessuna postmoderna alienazione, o "liquida" reificazione, potrà mai annullare del tutto, e che potrà trovare proprio nella poesia uno dei suoi vitali spazi - per quanto umbratili e marginali, ignorati se non disprezzati - di ostinata resistenza. (M. V.).


*


Senza solchi


Senza divisioni, senza spaccature

infinite. Un mondo finalmente

senza solchi.

Se non quelli che tocchi

sulla pelle, fra le rughe.


*


A Nicole che dorme i suoi anni corti sul divano



Dormi

e sogna le cose

che possono raccontarti i tuoi sogni

o il cielo dentro i miei occhi.

Dormi

fra le nuvole delle mie parole

e raccontale ancora agli angoli

bagnati dal mare, alle mani

che ti stringeranno, ai giorni nuovi

quando, senza saperlo prima, conoscerai

la vita

e sarai finalmente grande,

un pezzo di sale e di aria

che gira e batte col mondo.


*


Nubi ad agosto (A M.)


Si accavallano basse le nubi

sulla tua casa,

sul giardino che aprivi con fatica

ostinata nella sabbia, mettendo

palme, iris, siepi di oleandro,

e fra le rocce

piante grasse o più comuni.

Chissà se adesso guardi questo piccolo

universo che continua il suo corso

senza di te nel liquido andare

delle stagioni.

Chissà

con che animo lo fai, se ancora

curvi sulla schiena i capelli biondi

e selvaggi, e hai la gioia

di vedere il verde di una macchia

quasi mediterranea

persino qui,

sulle rive che tocca l’Adriatico.

La tua sfida era anche col vento freddo

da nord-est, con le gelate ricorrenti

e un clima avverso:

ma da lontano posso dirti

che l’hai vinta,

che resiste il tuo giardino

sulla via che attraversa tutto il paese,

arrivando ora fino al porto,

alle radici dell’acqua.

In questo pomeriggio

un libeccio sgarbato, sai,

batte e confonde gli uomini e le cose,

li avvolge dentro gorghi di raffiche calde e sabbia,

si increspano

già le onde e le prime foglie cadute

si rincorrono o si perdono nell’aria.

Ma non basta:

vado fra le case e il tempo,

vedo qui e dentro,

e così da questa terra

che si è aperta come il tuo giardino

chiedo luce e un nuovo solco anche per noi.


*


Col rosso si fermano



Mi hanno già ucciso,

anche se non hanno

usato cemento o pallottole.

Non hanno spostato un capello.

Ma i morti

oggi respirano, col rosso si fermano,

vanno al supermercato, leggono,

leggono libri e giornali.

E dentro le stanze,

non c’è un momento preciso,

la tastiera si invola,

scava ombre e lettere, un movimento

a sfumare,

un gesto in marcia

verso un crinale sempre più parallelo,

dipinto, senza tunnel, senza

crune.

Io sono il filo

che non passa,

il sangue deviato

come acqua sulle antiche pianure,

sulle dune,

sono nel vuoto

del tempo che passa sul video,

puoi toccarmi

con le dita se le accosti alla luce,

puoi vedermi, sentirmi per ore,

non fuggo, non ci riesco da nessuna parte,

sono un uomo e un dio trasparente,

un’immagine

che corre dentro le case,

infila i tuoi pensieri,

è un fascio di notte radente.

(Per ogni angelo che cammina

coperto di luce e fuliggine)


*


Senza partire


Le cose hanno sempre

un loro sapore,

se le avvicini alle parole

vivono però un altro tempo,

hanno un altro passo,

come la nave che solca

leggera il canale, punta

di uomini e speranze

che taglia senza disordine

il porto, rondine

rovesciata dal cielo,

bolla di sottile armonia.

Ora passi anche tu,

il tuo vivere

fra giorni che nascondono

queste rive, questa

memoria che ti riporta

improvvisamente qui,

parlavamo sulle cose

che dopo rimangono,

qui, senza partire.


*


Nel fondo aperto degli occhi


Ti ho lasciato con un segno della mano,

che andassi avanti, senza fermarti

quaggiù dove le strade sono giorni

e i sogni a stormi vanno veloci

come aerei alti sopra le città,

piccole mappe ormai,

cerchi ripetuti di ombre e pietre.

Non ho mai pensato a un tuo ritorno,

nemmeno per lo spazio

lungo un dito

che ora mi separa dal pensarti.

Nemmeno al limite delle case, un battito

prima che tutto riapparisse nell’anima dell’acqua.


Ma sulle rive battute dalle gru

e dal tormento

l’onda di luce che il faro a Marina

scaglia tutte le notti a pescare nel cielo

sorprende un vento nuovo

umano e non umano.

E la sera tardi adesso

mi sporgo spesso

dall’universo stretto della mia stanza,

vedo le case, nuvole e fumo in aria,

e lampi, lampi di auto o baionette.

Così,

grande Padre, figlio abbandonato,

chiodo arrugginito e cercato,

vieni

dentro le ore colate come vernici

e diventi preghiera

nel fondo aperto degli occhi.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.