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martedì 9 luglio 2019
Sulla traduzione intralinguistica
(riprende ed amplia un contributo apparso su “Atelier”, XXIII, 2018, n. 90, pp. 59-61)
Qualche riflessione può essere ispirata dall'inchiesta che la rivista Atelier ha recentemente dedicato al tema, relativamente poco esplorato, di quella che Roman Jacobson chiamava, in alcune pagine teoriche del 1959, intralinguistic translation, intesa come rewording, trasfigurazione o transustanziazione di un testo da una forma all'altra, ma all'interno dello stesso idioma.
Ci si può chiedere se le traduzioni invecchino; se esse risentano, al pari di ogni altro testo, del passare del tempo, e finiscano per essere velate da una pàtina d'estraneità e d'anacronismo.
Ma una traduzione artisticamente e stilisticamente degna di un'opera che abbia essa stessa dignità d'arte, che non sia letteratura commerciale ed effimera, è a tutti gli effetti a propria volta un'opera letteraria, un'opera creativa, e come tale è espressione sia dell'autore tradotto che del traduttore che dei sistemi culturali e letterari a cui essi appartengono. Il valore artistico, culturale, storico, testimoniale di quel testo continuerà ad essere vivo e a parlare ai posteri.
venerdì 3 marzo 2017
"L'uomo è nato simbolista". Colloquio con Paolo Ruffilli sulle poesie di Pasternak
Non ha bisogno di presentazioni, c’è il romanzo, c’è il film. Allora ci possiamo esimere facilmente dalla presentazione di Jurij Živago, uno dei personaggi piú amati della letteratura. Passiamo subito a queste Poesie che Pasternak attribuisce al suo personaggio. Si tratta di una maschera senza segreto, perché evidentemente sono testi di Pasternak, ma Pasternak crea un’interposta persona e non c’è l’ombra di alcun mistero. È una mediazione, e in un certo senso è una traduzione. Ed ecco la mediazione di una mediazione, o la traduzione di una traduzione: Paolo Ruffilli media e traduce queste Poesie. Il libro è La notte bianca. Le poesie di Živago (Biblioteca dei Leoni, Castelfranco Veneto 2016).
I versi di Pasternak riflettono una particolare spazialità, quella del paesaggio russo. Nel loro respiro, nel loro ritmo di parole e di immagini si sentono la vastità, il silenzio e l’immobilità delle foreste e delle steppe, la stasi millenaria della natura. Come ha cercato di rendere questa spazialità metrica, questa musicalità visiva nella sua traduzione?
R. Per immersione, per così dire, e non soltanto nel mondo di Parternak, visto che da alcuni anni sono appunto immerso nella dimensione della grande madre Russia attraverso la continua rilettura e la traduzione di Mandel’štam, dell’Achmatova, della Cvetaeva.
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