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domenica 7 luglio 2019
A Paolo Ruffilli, per i suoi settant'anni
Tu mi fosti maestro
lontano e mite e fermo
nella fervida e cieca
adolescenza, quando
è ancora incerta la via
e dolce l'insidia
dell'arte ‒
o cara
tentazione di vivere di scrivere
nella dolcezza sospesa
tra il fremere dei giorni
e la quiete di ciò che li trascende
(tu mi insegnasti l'arte
delle parentesi, del pensiero
che spunta nel pensiero
come sorge nella corolla
furtivo un nuovo petalo)
(e i mille colori
del bianco, i mille sensi
dei silenzi, la vita
dei respiri spezzati, la dissonanza sottile
dentro il canto leggero
il discorrere infinito dei non detti ‒
l'angoscia falsovera, celata, che sorride
tra le luci di una risorta
impossibile Arcadia)
e il dolore che si fa armonia
la scheggia che diviene miniatura
la composta ferita
che muta in ambrosia
il proprio sangue ardente
(così ora a te questo piccolo
improvviso brindisi di sillabe
su questo solco del tempo
che non ha un prima né un dopo ‒
come il verso che torna su se stesso
che è immobile e fluisce
che si consuma e sempre rifiorisce)
Matteo Veronesi
giovedì 4 luglio 2019
Alcuni versi, fra italiano e romeno
È stato detto che ogni atto di traduzione tende a gettare luce sulla lingua originaria, sull'idioma universale e prelinguistico, sul pensiero anteriore e puro − quasi un fondo candido e silente − che soggiace a tutte le lingue, senza che nessuna di esse possa esaurirlo ed esprimerlo compiutamente.
Di ciò mi accorgo specchiandomi, per così dire, in queste versioni rumene (che sono anche nuove creazioni) che l'amico poeta George Pașa ha realizzato, nel tempo, traendole da miei testi. Versioni che ora propongo non solo per innegabile narcisismo, ma soprattutto come occasione di riflessione sulla lingua.
Due lingue, italiano e rumeno, sorelle e insieme diverse: da un lato per il fondo latino, con la sua dolcezza, il suo canto, le sue distese aperture vocaliche; dall'altro per le asperità, le durezze e gli acuminati nitori che derivano dall'apporto slavo.
Un solo esempio.
Di ciò mi accorgo specchiandomi, per così dire, in queste versioni rumene (che sono anche nuove creazioni) che l'amico poeta George Pașa ha realizzato, nel tempo, traendole da miei testi. Versioni che ora propongo non solo per innegabile narcisismo, ma soprattutto come occasione di riflessione sulla lingua.
Due lingue, italiano e rumeno, sorelle e insieme diverse: da un lato per il fondo latino, con la sua dolcezza, il suo canto, le sue distese aperture vocaliche; dall'altro per le asperità, le durezze e gli acuminati nitori che derivano dall'apporto slavo.
Un solo esempio.
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