Ho il piacere di presentare questi versi di una poetessa ancora inedita, ma dalla voce definita e sicura. Versi in cui è rievocata la figura di un enigmatico, pseudonimo poeta minore, antenato dell'autrice, vicino ad Aldo Capasso e al realismo lirico. La scrittura poetica dell'autrice intreccia variazioni ed evocazioni, quasi magiche e cabalistiche, proprio intorno allo pseudonimo dell'antenato. L'idea classica e medievale del nomen omen si sposa con l'antico culto dei Lari, e con la credenza magica, diffusa e condivisa anche dalle culture più remote l'una dall'altra, che il Nome abbia di per sé un potere magico, creatore, mitopoietico, e che, nel contempo, conoscere, memorizzare e possedere il nome di una persona o di una forza equivalga a controllarne e dominarne l'essenza – a strapparla, in questo caso, dall'oblio, ricucendo e rimarginando la ferita fra il passato e il presente, fra le radici più lontane e la vita che non cessa di respirare, divenire e protendersi per le strade del tempo.
Alle elegantissime variazioni fonosemantiche ed evocative intorno al Nome (respiro pianto lacrime passi sentiero cammino di gnosi e di riconoscimento e di autocoscienza incontro alla propria immagine riflessa) si affiancano, tratto a tratto, versi scolpiti, colmi, sonanti, endecasillabi di fattura parnassiana o ermetica (“e il tuo diamante gelido di monte”: ed /NT/ è, in varie lingue, dal Sumero all'Egizio al Greco, la radice indicante l'essere, l'esistenza, e insieme l'angoscia, e il destino – Anànke ed Angst).
M. V.
“Corri corri sempre
con sì gran fretta
piccolo, inquieto
verme terrestre.
Sul tuo capo nessun ti conosce
sotto i tuoi piedi
non ti conosce nessuno;
intorno a te
sei quasi sconosciuto.
Sarai presto dimenticato.
Dove scendi
non sarai nessuno.”
Nivan Gelamonte (o Giovanni Mogentale) 1910-1990
Eri morto, poeta d’inverno.
Nivan-nevischio caduto e perso
al suolo dei benpensanti smemori:
le loro anime e tu, a riposare in pace.
Nivan-letargo. Sepolto da pietre
che tu non hai chiesto. Disciolto il fiato
e il tuo diamante gelido di monte,
diluite le tue parole nella dimenticanza
senza eredi. Spiravi lì.
Nivan di vento! Ci ha riuniti Novembre:
assonanza ai piedi di un’Orsa,
alata anche lei. Così vicino
il nostro modo di versare il mondo!
Nivan-nivangolo scuro: divago
a ricerca di te in questo scorso, scordato secolo
lungo quanto l’intera tua storia
e la mia, le lettere che hai battuto,
le strade che hai camminato, i contorni
che hai accarezzato, le lacrime
magari sparse, le carte…
Quelle ormai perdute.
Quelle che ho ritrovato.
Nivan-vangelo. Gelo che sei. Nivangelo:
custode dei segreti. Chi eri?
Nivan-rimpianto: sempre a un passo
dagli onori. Dall’amore, forse.
Nivan-viandante anche tu.
Ti limitava il confine, la linea prealpina
che mura il canto così hai scelto il mare, la costa
solo a rilegarne il dorso. Mi vanto a pensarti
nei ritorni, simile a me;
nostalgia della madre, del padre,
assoluta necessità di lontananza.
Nivan-costanza: che a resistere si impara!
A morirne, mai abbastanza.
Che muoiono, gli uomini, nell’oblio.
Nivan-mio. Parente.
Nel tutto che hai conosciuto
ricerco a ritroso me stessa e trovo te.
Smarrito il ricordo, non ci sopravvive niente.
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