lunedì 26 settembre 2011

Silvia Secco, "Su Nivan"

Ho il piacere di presentare questi versi di una poetessa ancora inedita, ma dalla voce definita e sicura. Versi in cui è rievocata la figura di un enigmatico, pseudonimo poeta minore, antenato dell'autrice, vicino ad Aldo Capasso e al realismo lirico. La scrittura poetica dell'autrice intreccia variazioni ed evocazioni, quasi magiche e cabalistiche, proprio intorno allo pseudonimo dell'antenato. L'idea classica e medievale del nomen omen si sposa con l'antico culto dei Lari, e con la credenza magica, diffusa e condivisa anche dalle culture più remote l'una dall'altra, che il Nome abbia di per sé un potere magico, creatore, mitopoietico, e che, nel contempo, conoscere, memorizzare e possedere il nome di una persona o di una forza equivalga a controllarne e dominarne l'essenza – a strapparla, in questo caso, dall'oblio, ricucendo e rimarginando la ferita fra il passato e il presente, fra le radici più lontane e la vita che non cessa di respirare, divenire e protendersi per le strade del tempo.

Alle elegantissime variazioni fonosemantiche ed evocative intorno al Nome (respiro pianto lacrime passi sentiero cammino di gnosi e di riconoscimento e di autocoscienza incontro alla propria immagine riflessa) si affiancano, tratto a tratto, versi scolpiti, colmi, sonanti, endecasillabi di fattura parnassiana o ermetica (“e il tuo diamante gelido di monte”: ed /NT/ è, in varie lingue, dal Sumero all'Egizio al Greco, la radice indicante l'essere, l'esistenza, e insieme l'angoscia, e il destino – Anànke ed Angst).


M. V.


Corri corri sempre

con sì gran fretta

piccolo, inquieto

verme terrestre.

Sul tuo capo nessun ti conosce

sotto i tuoi piedi

non ti conosce nessuno;

intorno a te

sei quasi sconosciuto.

Sarai presto dimenticato.

Dove scendi

non sarai nessuno.”

Nivan Gelamonte (o Giovanni Mogentale) 1910-1990


Eri morto, poeta d’inverno.

Nivan-nevischio caduto e perso

al suolo dei benpensanti smemori:

le loro anime e tu, a riposare in pace.

Nivan-letargo. Sepolto da pietre

che tu non hai chiesto. Disciolto il fiato

e il tuo diamante gelido di monte,

diluite le tue parole nella dimenticanza

senza eredi. Spiravi lì.


Nivan di vento! Ci ha riuniti Novembre:

assonanza ai piedi di un’Orsa,

alata anche lei. Così vicino

il nostro modo di versare il mondo!


Nivan-nivangolo scuro: divago

a ricerca di te in questo scorso, scordato secolo

lungo quanto l’intera tua storia

e la mia, le lettere che hai battuto,

le strade che hai camminato, i contorni

che hai accarezzato, le lacrime

magari sparse, le carte…

Quelle ormai perdute.

Quelle che ho ritrovato.


Nivan-vangelo. Gelo che sei. Nivangelo:

custode dei segreti. Chi eri?

Nivan-rimpianto: sempre a un passo

dagli onori. Dall’amore, forse.


Nivan-viandante anche tu.

Ti limitava il confine, la linea prealpina

che mura il canto così hai scelto il mare, la costa

solo a rilegarne il dorso. Mi vanto a pensarti

nei ritorni, simile a me;

nostalgia della madre, del padre,

assoluta necessità di lontananza.

Nivan-costanza: che a resistere si impara!

A morirne, mai abbastanza.


Che muoiono, gli uomini, nell’oblio.

Nivan-mio. Parente.

Nel tutto che hai conosciuto

ricerco a ritroso me stessa e trovo te.


Smarrito il ricordo, non ci sopravvive niente.

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