lunedì 12 settembre 2011

APPUNTO SU ALIENAZIONE MISTICA E ALIENAZIONE INDUSTRIALE

In effetti, può darsi che esista un sottile ed insidioso nesso fra l'alienatio mentis della mistica (la mente che esce da se stessa per andare incontro al Divino: alienatio, allora, non troppo diversa dall'ek-stasis in cui Heidegger, rispondendo a Sartre, vedeva l'essenza dell'esser-ci come differenza e deiezione) e l'alienazione dell'uomo ridotto a consumatore, e a merce egli stesso.

Ma se la prima nobilita l'uomo, la seconda lo svilisce. L'una e l'altra, innegabilmente, lo snaturano, lo narcotizzano, lo allontanano dalla realtà. Ma quale realtà, oggi? "Dov'è la realtà, dove il fantasma", si chiede un personaggio di Pirandello; e possiamo chiedercelo anche noi, nell'era della scomparsa dei fatti, delle guerre televisive, dell'affabulazione mediatica.

Forse, paradossalmente, nell'esperienza soggettiva del pensiero sacro (sia esso speculativo o mistico, argomentativo o intuitivo), la Verità è più tangibile, meno illusoria, che nei presunti fatti, o nella loro rappresentazione (un opinionista che parla del Tibet ha di esso una percezione e una notizia ancor più remote, mediate e probabilmente mistificate di quelle che il devoto e il teologo, e più ancora il poeta, possono avere del Divino).

Io credo che la monaca chiusa nella cella (la "vergine romita" di Foscolo, che almeno può sentire, quasi sensualmente, il sacro, levare al Nulla che venera una musica celeste che nessuno ascolterà: "Se gli azzurri del cielo, e la splendente / Luna, e il silenzio delle stelle adora, / Sente il Nume") sia più libera dell'operaio aggiogato alla catena di montaggio.

Il quale ora, con Marchionne, non ha nemmeno più i dieci minuti di pausa per alzare la schiena e la testa: fintantoché è nella fabbrica, all'interno delle ore di vita che deve vendere, o che gli vengono estorte per il suo bisogno (non uomo ma instrumentum loquens, anzi nemmeno loquens, perché a differenza degli schiavi antichi non può neppure gemere, gridare o cantare, non può voltarsi e vedere la luce) è, come gli schiavi della caverna di Platone, impossibilitato anche a rivolgersi per vedere la luce.

M. V.

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