La
forza dei testi poetici che compongono il Falò
dei rosarî di Neil Novello (Aragno editore) si origina sia da un’infiammata ed ancora urgente
sostanza memoriale, sia da una polarizzazione dello stile verso
l’alto, di carattere colto ed intellettuale, attraverso il quale
l’autore realizza un singolare impasto drammatico dell’evento
presente ancora turbato e doloroso e del passato ricordato e
rivissuto per deflagrazioni percettive che scompongono la
continuità e leggibilità del dettato, avviandolo verso una sorta
di trobar
clus,
alla maniera della lirica occitanica. Quest’ultima, infatti,
costituisce un punto di riferimento molto forte per l’autore, sia
sul piano linguistico, orientato e verso una dinamica interna spesso
tesa all’invenzione di nuove parole e ad un insospettabile
accostamento di lemmi e sintagmi, sia, soprattutto, sul piano di
certi topoi
compositivi, come rivela l’uso del senhal,
ossia
del nome-schermo fittizio e simbolico riferito alla donna amata, che,
però, qui non è la dama da corteggiare - magari lontana e rarefatta
- con raffinate armi retoriche (queste,
sì, rimaste tali, ma per decantare e rendere docile il lutto), bensì
la stessa madre del poeta, strappata al suo amore filiale dalla
crudeltà della morte.
La
novità del soggetto e dell’accadimento rispetto al modello
provenzale capovolge la percezione della distanza da un
vagheggiamento amoroso struggente e spesso squisitamente letterario,
concentrato nell’esplorazione di uno spazio incolmabile, in una
terribile consapevolezza del “mai
più”
(che riguarda soprattutto il luogo-tempo vissuto in presenza della
madre), spesso ripetuto nei testi (con un qualche riferimento,
casomai, alle luttuose onomatopee del Pascoli); consegnando l’uso
stesso del senhal,
in questo caso Rosa, ad una tradizione diversa, di stampo cristiano,
costituitasi, a sua volta, dall’elaborazione in senso mistico di
un’ampia simbologia originaria attribuita fin dall’antichità a
questo fiore.
Neil
Novello dissemina nei suoi testi tutte le possibili significanze
simboliche attribuibili alla rosa, attraversando secoli e ambiti
diversi, così che vi si trovano molti e spesso sovrapposti
riferimenti: all’iconografia ecclesiastica che fece della rosa il
simbolo di Maria e, dunque, della verginità, alimentando l’ossimoro
del dogma cattolico della “vergine e madre” ( “ora
veglia tu la vergine / e libera l’ora sorvolante / su noi” e “ti
sale per bocca il petalo / e in ampolla di vergine / calice di sangue
svetta in croce”);
e ancora una volta alla poesia trobadorica che vide in essa il
simbolo stesso dell’amore terreno; e alla setta dei Rosacroce che
scelse come simbolo una rosa a cinque petali posta al centro di una
croce ( “E
tu scoli dal ventre, / sei due rose crociate a fiorame” );
e a
certi elementi architettonici degli edifici sacri; ma anche, più
semplicemente, a figure emblematiche molto popolari, come il sangue
di Cristo raccolto nella mitica coppa del Graal (“Bevi
tu a pieni palmi / dal Graal miele d’ali e rugiada) o
quello versato
dagli
uomini per i propri ideali e, ancora, l’amore, la regalità, la
vita stessa.
Inoltre,
il sehnal
Rosa, che sostituisce il vero nome della madre, Clelia, rivelato
nella sesta stanza della sezione Stasimo
in petalo giallo,
si amplia e si moltiplica fino ad originare un vasto campo semantico,
che arricchisce di sfumature intellettuali ed emotive immagini e
ricordi, collocando la figura materna in un aureola di santità, che
le irraggia attorno aggettivi e formule di sapore liturgico,
trasformandola in una sorta di vittima sacrificale offerta a Dio.
Dal
repertorio della poesia provenzale proviene anche quell’indissolubile
nodo fra la natura e la bellezza femminile suggerito da una
molteplicità di sottilissimi quanto intuibili fili psicologici,
visivo-emotivi, che ne hanno determinato una non scalfibile costante
dell’immaginario poetico; così che in una sorta di edenicità
pre-mortale la madre, “Rosa” mistica di Neil, abita come una
“vestale
di
fiori”
(iris, crochi, viole, gerani, genziane, bocche di leone, anemoni,
cerfogli, lillà, asfodeli, alcuni dei quali carichi di reminiscenze
letterarie o di sensi simbolici) un luogo rigoglioso, quasi sempre
primaverile, brulicante di vita, spesso rugiadoso d’albe virginee o
invaso dal biancore latteo della luna, la veste e la corona
illuminate dallo splendore di pietre preziose come nei dipinti delle
Madonne rinascimentali, ritratte con i loro bimbi sul grembo o ai
piedi, o in atteggiamenti giocosi, pronte, come faceva un tempo la
madre di Neil, all’apparire e disparire per celia dietro un albero
o cespuglio per lanciare un divertito “cucù”. Ma la morte non è
un gioco, ma la morte è il disapparire per sempre (“colma
di nulla la bara santa”),
come sa Neil, che a queste immagini di sacra beltà e serenità
contrappone e sovrappone la consapevolezza dell’amaro presente,
l’ineluttabilità delle croci nere, il consumarsi delle cose che
tornano pietre, natura, lapidi sulla non-carne, testimoni e custodi
di morte, (“Di
notte, svapora il sangue / tra croci di camposanto”),
lavorando con febbrile e dolente volontà a caricare i suoi testi di
quella tensione e di quegli improvvisi trascoloramenti, di
quell’impasto lessicale ora scuro ora chiaro che determinano una
sottile e potente enigmaticità, la quale ritorna al lettore come una
delle tante spine che sorreggono l’immagine della Materna Rosa
disfatta e sempre viva.
E
così, pur muovendosi il poeta in un terreno rischioso, ogni eccesso
sentimentale viene evitato grazie ad un’originale tecnica
versificatoria in cui il dolore, esploso in schegge sparse, viene
quasi raccolto e travasato in una necessità linguistica, il cui
effetto sonoro diventa una sorta di “e-stasi” dal senso comune,
una puerile e ancestrale “ninnananna
a Rosa, / con labbra tremanti”
in cui la distanza fra l’altrove e il qui sembra annullarsi in
favore di uno spazio–tempo di reciprocità, di dialogo, in cui la
cata-strofé si appropria del suo etimo costituendo un’occasione di
ribaltamento del processo cognitivo, una germinazione mistica di
infiniti rosarî di preghiera e di bellezza, in cui l’iter
interiore di salvezza
“si alza dal buio / nel fondo della luce” ,
grazie a lei, la madre, “Ianua
Rosa di luce”.
Franca
Alaimo
14
Agosto 2011
Per acquistare il libro:
http://www.ninoaragnoeditore.it/?mod=COLLANE&id_collana=49&op=visualizza_libro&id_opera=458
http://www.ibs.it/code/9788884194992/neil-novello/falo-rosari.html
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