domenica 26 ottobre 2014

Giuseppe Feola, "Creazione continua - II"


Versi, questi di Giuseppe Feola che ora presento, e che costituiscono la prosecuzione di un discorso lirico già avviato in un libro precedente, tali da dover essere, più che letti, quasi, per così dire, respirati con la mente, insufflati nel pensiero come il filo d'aria dell'avena, del flauto silvestre.
Essi fondono, mi sembra, un senso - luziano più che dannunziano, cioè esistenziale più che edonistico - dell'immersione e dell'immedesimazione nella totalità del vivente con una percezione, biologica ma insieme umanamente, immanentemente mistica, del perenne respiro, della perpetua fluente vibrazione, che pervadono il creato: percezione che fa pensare a varie tradizioni sapienziali, dalla cabala al buddismo - vibrare all'unisono con la natura, e trasfondere quella concorde vibrazione in parola e canto. Creazione continua, appunto: dalla natura all'individuo, e da questi alla parola, e da quest'ultima al lettore che a sua volta riattraversa e rivive e ricrea il testo con la propria, e nella propria, mente.
Versi, si potrebbe dire, che, nel loro porsi come prolungamento e riverbero delle tante, discrete e sotterranee, rivisitazioni novecentesche della vena bucolica, paiono a tratti ricordare lo Stanescu delle Undici elegie per il modo in cui, in essi, la Natura si fa Parola, e la Parola Natura, in un rispecchiamento uno e duplice, in un gioco concorde e screziato di intrecci e di diramazioni - ma anche, quasi, nel loro aderire alla "natura", alla "specie", all'"opera del mondo", certo Luzi lettore di Betocchi (M. V.).







                                     mutando riposa




Creazione (XII)


Rumore di fondo


Ascolto
la respirazïone
del mondo.

Alberi sorgono,
inspirano cielo: allungano dita,
capelli
sul petto delle stelle,
metri assorbendo
dalla notte che scorre
nel letto suo profondo;

espirano,
di nuovo richiudendosi
nel fondo di quest’ocëano d’aria
che si muove.
Salire.
Ridiscendere.
Cellule nuove di esistere – uccelli,
animali – eco danno al-
le nuvole che vagano.

In basso si propaga
il suono della vita;
rotolano massi, ruscelli vanno per
le valli, spira a spira, quali serpi,
o fronde che si svolgano
uscendo da uno stelo.

Sospiro, tuono
che si scoscende
e s’apre nel suo salto

tendersi, alto rompersi di velo.




Creazione (VI)




Percorsi
dell’acqua
a cucire la terra
alla luce: la seta delle immagini,
la guerra delle nascite inquiete,
la rete dell’aurora, la sua sete,
la danza degli odori.


Creazione (V)
Il Corpo del Mondo



Realtà dense, intermedie tra ordine
e flusso:

la voce
che nell’aria fa certo
il pensiero, la goccia segregata
da sua madre l’acqua, la
pietra ostinata
che spezza la luce;

il Corpo del Mondo, di
cui sono parte,

- tremendo al
mio senso, irriducibile, indiscusso.




Creazione (VII)
Primavera



Il respiro degli alberi nel vento:
schiuma si libera
di pollini
al giro nuovo
in cielo delle stelle;

vele di nuvole
incedono dal mare.

Sembra una trasparente
bolla il mondo: cristallo, che in silenzio
riveli,
quasi da grembi d’aria,
il suo fondale.

Creazione (III)1
Presso l’acqua 1 / Lo Specchio delle Apparenze / Come in Alto, così in Basso


Il pomeriggio-tigre che sbadiglia
tra strie d’intrichi d’ombra giallo-verde
lascia danzare mille moscerini
sul suo mantello d’apparenze pigre.
Scivolando tra siepi di panchine,
la ciarla d’un uccello s’assottiglia:
nel brulichio dell’ora poi si perde.

Al vento, nella vasca, trascolora,
in un argento vivo che sfarfalla,
il volto dell’amico che mi parla
       della flessuosa Flora ch’è strisciata
indocile e veloce – nella spenta
ceppaia del suo cuore,
a farla ancora dolce d’altre foglie,
e d’altro umore ancora a rianimarla.

Annidatasi in quel folto, ora domina
e regge, nella stretta delle sue
voglie, quell’amante anima
ansiosa, cui,
caute parole sospirando, obliqua
legge detta ed insidiosa.
Volgo
un’esigüa, amara sigaretta
tra le mie magre dita: nude schegge
di cenere corrosa nel mio petto.

Il fumo non scompiglia, coi suoi lievi
errori che sfioriscono, il mio spirito,
l’agguato che io tendo all’esistenza,
allo strano silenzio della vita:
immobile ed assiduo, non ho fretta.

Guardandomi oltre il ciglio di quell’acqua – del-
la tensione del velo in superficie –,
nel folto delle immagini quieto,
nell’occhio dello scorrere incessante
mi accendo d’una muta intellezione

sospeso dentro al Cielo, e al suo segreto.


Creazione (VIII)



Le scosse
del vento tra lo strider delle antenne;
tremano le finestre.

Chiare schiere si sciolgono nell’aria,
si raddensano nere.
La
tarda, nascosta
primavera nelle sue briglie freme: non
sa più

come arrivare.


Creazione (X)


La danza muta
nell’aria
dei pipistrelli svela
orbite dense
di vita minuta: dichiara nuvo-
le di moti non visti

trasparente pulvisco-
lo di nere zanzare.

Il serpente / Creazione (XI)
Argo / Quetzalcoatl / Yggdrasill



La lenta forza
del vento
riveste
la notte del suo manto:
occhi o stelle?
scaglie di cielo argentee,
foglie, piume nel brivido
profondo della scorza
appaiono dell’albero celeste,
della pelle del fiume, nuova e vivida
di mondo.
Il mondo: vivo
serpente che
si spoglia dell’exuvia.



Creazione (XIII)
Sublimazione dei liquidi / Principio d’Impermanenza


Essere privo d’essenza: le nuvole
del cielo

impermanenza
pura, dura sembianza
del tender d’ogni cosa a sublimarsi

e fino
all’ultima sua assenza farsi velo.

Creazione (IX)


Imparziale, ogni giorno il Sole appare
a viver la sua luce nell’esistere
degli occhi dei mortali.



Oceano / Mutando riposa
metabavllon ajnapauvetai
( Eraclito, 22B 84a DK )


Non è mai fermo;
ma neppure si muove:

solo, respira
nel suo proprio luogo.

Acqua che piovve
dal cielo a riempire
la pancia della Terra:

nessuna mente allora
poteva riconoscerlo, non c’era
sguardo a potervisi
specchiare;

né continente ad isolarsi in esso.

Per questo non conosce, egli, nessuno
uomo animale pianta o continente –,

nulla rispetta
bianco di zanne –
tranne cielo e terra,
indifferente come la Fortuna;
ma tutto quanto, in compenso, rispecchia,
come sognando

nel suo sonno di vecchio,
nel suo ceruleo aspetto,
da miliardi di anni
imparzialmente
nel suo volto di Luna.


1 Per Luigi De Fanti ed Lorenzo Ferroni. Poesia iniziata a Pisa, il 2830 ix 1997, reduce da un pomeriggio alla “Montagnola” di Bologna, con L.D.F., e poi da uno con L.F. nel giardino del collegio Timpano della Scuola Normale Superiore di Pisa.

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