Può essere ipotesi suggestiva che la pagina di Maeterlinck sia in
qualche modo rimasta cristallizzata nell’inconscia, stratificata e spesso
sorprendente memoria culturale serriana, riaffiorando poi a tratti, quasi per
improvvisi soprassalti: dal citato, celebre saggio su Pascoli del 1909, dove la
poesia pascoliana è pensata «come una nota sola dolce lunga pura moltiplicata e
rifranta con mille stridule inafferrabili fioriture dal capriccio di una
sottilissima eco», al Ringraziamento a una ballata di Paul Fort, dove il
giardino di una finta e grigia, piovosa primavera è attraversato con trepidante
stanchezza, prima di immergersi nel Libro che saprà ridonare il vero senso, la
vera presenza, fervida e fremente, della Natura.
Fino, forse, ma in tutt’altro,
ben più arido e disincantato, clima, allo stesso Esame di coscienza, dove alla
scossa, al tuono della storia umana con i suoi accadimenti e i suoi tormenti
sembra tacitamente rispondere, nella sua immutabilità, l’immensa Natura che
tutto abbraccia e congloba, splendida ed imperturbabile, sublime e crudele nella
sua indifferenza inamovibile: «l’erba sopra sarà tenera lucida nuova, piena di
silenzio e di lusso al sole della primavera che è sempre la stessa»; «la vita ha
continuato uguale», «è ripullulata dalle semenze nascoste, con la stessa forma».
(Matteo Veronesi)
"Et je songe à ce que nous devons au monde merveilleux que visitent les abeilles.
Savons-nous ce que serait une humanité qui ne connaîtrait pas la fleur? Si
celle-ci n’existait pas, si elle avait toujours été cachée à nos regards, comme
le sont probablement mille spectacles non moins féeriques qui nous environnent
mais que nos yeux n’atteignent point, notre caractère, notre morale, notre
aptitude à la beauté, au bonheur, seraient-ils bien les mêmes? Nous aurions, il
est vrai, dans la nature, d’autres magnifiques témoignages de luxe, de
surabondance et de grâce ; d’autres jeux éblouissants des forces infinies: le
soleil, les étoiles, les clairs de lune, l’azur et l’océan, les aurores et les
crépuscules, la montagne et la plaine, la forêt et les fleuves, la lumière et
les arbres; et enfin, plus près de nous, les oiseaux, les pierres précieuses et
la femme. Ce sont là les ornements de notre planète. Mais, excepté les trois
derniers qui appartiennent pour ainsi dire au même sourire de la nature, que
l’éducation de notre oeil serait grave, austère, presque triste, sans
l’adoucissement qu’y apportent les fleurs! Supposez un instant que notre globe
les ignore: une grande région, la plus enchantée de notre psychologie heureuse,
serait détruite, ou plutôt ne serait pas découverte. Toute une sensibilité
délicieuse dormirait à jamais au fond de notre coeur, plus dur et plus désert,
et dans notre imagination privée d’images adorables. L’univers infini des
couleurs et des nuances ne nous eût été incomplètement révélé que par quelques
déchirures du ciel. Les harmonies miraculeuses de la lumière qui se délasse, qui
invente sans cesse de nouvelles allégresses et semble jouir d’elle-même, nous
seraient inconnues, car les fleurs ont d’abord décomposé le prisme et formé la
partie la plus subtile de nos regards. Et le jardin magique des parfums, qui
nous l’eût entr’ouvert? Quelques herbes, quelques résines, quelques fruits, le
souffle de l’aube, l’odeur de la nuit et de la mer, nous auraient annoncé que
par de-là les yeux et les oreilles existait un paradis fermé où l’air que l’on
respire se change en voluptés qu’on n’aurait pu nommer. Considérez aussi tout ce
qui manquerait à la voix de la félicité humaine! Une des cimes bénies de notre
âme serait presque muette si les fleurs, depuis des siècles, n’avaient alimenté
de leur beauté la langue que nous parlons et les pensées qui tentent de fixer
les heures les plus précieuses de la vie. Tout le vocabulaire, toutes les
impressions de l’amour sont imprégnés de leur haleine, nourris de leur sourire.
Quand nous aimons, les souvenirs de toutes les fleurs que nous avons vues et
respirées, accourent peupler de leurs délices reconnues la conscience d’un
sentiment dont le bonheur, sans elles, n’aurait pas plus de forme que l’horizon
de la mer ou du ciel. Elles ont accumulé en nous, depuis notre enfance, et dès
avant celle-ci, dans l’âme de nos pères, un immense trésor, le plus proche de
nos joies, où nous allons puiser, chaque fois que nous voulons nous rendre plus
sensibles les minutes éléments de la vie. Elles ont créé et répandu dans notre
monde sentimental l’atmosphère odorante où se complaît l’amour."
"E io penso a quel che noi dobbiamo al mondo meraviglioso che visitano le api.
Lo sappiamo noi quel che sarebbe una umanità che non conoscesse il fiore? Se questo non
esistesse, se fosse rimasto sempre celato a' nostri occhi come son probabilmente
mille spettacoli non meno prodigiosi che ci stanno intorno ma che i nostri occhi
non raggiungono, il nostro carattere la nostra morale la nostra attitudine alla
bellezza alla felicità sarebbero elle le stesse? Noi avremmo, è ben vero, dalla
natura, altre testimonianze magnifiche di lusso di sovrabbondanza (di ricchezza)
e di grazia; giochi abbaglianti di forze infinite: il sole, le stelle, l'azzurro
e l'oceano, le aurore e i crepuscoli, la montagna e il piano, e boschi e le
fiumane, la luce e gli alberi; e infine, più vicino a noi, gli uccelli, le perle
preziose, e la donna. Son essi gli ornamenti del nostro pianeta. Ma, eccettuati
i tre ultimi che son parte per così dire del sorriso stesso della natura, quanto
l'educazione del nostro occhio sarebbe grave, austera, quasi triste, senza
l'addolcimento che le recano i fiori! Supponete un istante che la nostra terra
li ignori; una grande regione, la più incantata della nostra psicologia felice,
sarebbe distrutta, o meglio non sarebbe stata scoperta. Tutta una sensibilità
deliziosa dormirebbe per sempre nel fondo del nostro cuore, più duro e più
deserto, e nella nostra imaginazione privata d'imagini adorabili. L'universo
infinito dei colori e delle sfumature non ci sarebbe stato rivelato malamente se
non da qualche squarcio del cielo. Le armonie miracolose della luce che si
sfrena, che inventa senza posa allegrezze novelle e par che di sé stessa gioisca
ci sarebbero ignote, perché i fiori hanno primamente decomposto il prisma e
formata la parte più sottile dei nostri sguardi. E il giardino magico dei
profumi, chi ce l'avrebbe dischiuso? Qualche erba qualche resina qualche frutto,
il soffio dell’alba, gli odori della notte e del mare, ci avrebbero annunziato
che oltre gli occhi e le orecchie esisteva un paradiso chiuso ove l'aria che si
respira si mutasse in voluttà di cui non si sarebbe potuto dire il nome. E
pensate a quel che mancherebbe alla voce della felicità umana! Una delle cime
benedette della nostra anima sarebbe presso che muta se i fiori, da secoli e
secoli, non avessero nutrito della loro bellezza la lingua che noi parliamo e i
pensieri che tentano fissare le ore più preziose della vita. Tutto il
vocabolario, tutte le impressioni dell'amore sono impregnate del loro alito,
nutrite del loro sorriso. Quando noi amiamo, i ricordi di tutti i fiori che
abbiamo veduti e respirati, corrono a popolare delle loro delizie ben note la
coscienza d'un sentimento, che senz'essi non avrebbe più forma che l'orizzonte
del mare e del cielo. Essi hanno accumulato in noi, dalla nostra infanzia e da
prima, nell'anima dei nostri padri, un immenso tesoro, il più vicino alle nostre
gioie, dove noi corriamo ogni volta che vogliamo farci più sensibili i minuti
elementi della vita. Essi hanno creato e diffuso nel nostro mondo sentimentale
l'atmosfera odorante di cui si piace l'amore."
(Biblioteca Malatestiana, Fondo Grilli, Carte Grilli-Serra, b. 21, n. 18)
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