venerdì 1 marzo 2019

Elisabetta Brizio - "Niente vuol dire niente". Niímptem. Un diario di Massimo Sannelli*



Un frisson nouveau, un brivido nuovo: questo, come nel caso di Hugo di fronte a Baudelaire, è ciò che si prova di fronte ad ogni nuova pagina di Sannelli. Libro, questo, nato da frammenti abbandonati dapprima alla rete (quella rete - caos e ricchezza infinita, selva o labirinto di ogni possibile aberrazione ma anche inesauribile miniera di bellezza - di cui l'autore, a differenza di molti intellettuali che vi vedono forse un pericolo per la loro egemonia, coglie le enormi potenzialità, la ricchezza vastissima ed inquietante) e poi raccolti, a posteriori, nella compostezza della pagina (pure essa stessa virtuale, immateriale, destinata a rivivere nella mente del lettore), un po' come il Libro segreto di D'Annunzio, estrema e frammentaria autobiografia, discontinuo ed intermittente, eppure sapientemente architettonico, carmen perpetuum; libro in cui non è certo casuale il richiamo (da John Cage a Cecil Taylor - ma si potrebbe aggiungere Scelsi) a certe forme di musica atonale, informale, improvvisativa, fatta di gesti quasi più che di suoni intellettualmente concepiti e calcolati; musica risolta, in definitiva, nel momento aleatorio ed irripetibile dell'esecuzione. "Il mondo free e improvvisato calma il lago del cuore e non nasce nessuna 'tirannia dei rapporti'. I free sono il premio che la bocca mobile cerca e mangia, mille volte". L'angoscia infernale del dantesco lago del cuore trova o crede di trovare pace nella libertà del suono senza regole. Eppure si sentono, nel contempo, Schubert e Petrarca - si avverte l'anelito ad una ricomposizione dei conflitti, pur presenti e vivi, in una superiore armonia che si proietta, forse, oltre il tempo, oltre il qui ed ora, in una virtuale ed immateriale perennità paradossalmente affidata proprio alla liquidità labirintica e meandrica della Rete. "un orecchio medio ascolta un altro orecchio, che è supremo. un orecchio del presente ascolta un orecchio diverso da sé". Vi è, quasi, in questa aspirazione, qualcosa di mistico (come i due occhi di Angelus Silesius volti l'uno al tempo che passa, l'altro all'eterno). "Questa non è la mistica e non può esserlo: perché è ancora il campo del Piacere, tutto voluto. Ecco un errore possibile, ma sontuoso e sonoro, e sinuoso (è anche inesauribile). Però l’errore è senza carne, ora: non per virtù di castità, mai, ma per asocialità gelosa, golosa di molto suono, e suono, e suono". Ancora come in D'Annunzio, l'"amor sensuale della parola", pur così intensamente assaporato, pur deposto negli stessi giochi d'eco della scrittura, ai limiti dell'autonomia del significante (sontuoso sonoro sinuoso) mira a sublimarsi e dissolversi in "carne senza carne", in "sensualità senza carne", in pura e forse illusoria suggestione: sebbene il suo suono sia esso stesso gesto, e l'espressione sia dunque anche corpo, sofferta come la carne da cui nasce, in cui è quasi incisa e scavata. Ma non c'è, in Sannelli, alcun compiacimento estetizzante, alcun simulacro di "vivere inimitabile". La possibilità stessa della Destra Sublime, del superiore Fascismo senza volgarità e senza violenza, che sia solo Tradizione, Grande Stile, storicità, identità, degno dunque dell'immedesimazione e del sacrificio del Singolo, vagheggiati da Pasolini, appare vanificata dalla becera rozzezza dei neofascismi attuali. Di quel vivere inimitabile, l'esperienza di Sannelli è insieme parodia quasi crepuscolare e tremulo fantasma; vagheggiamento supremo e quasi eroica, eppure lucidamente rassegnata, impossibilità. (M. V.)

Niímptem. Un diario è un e-book che riunisce i testi italiani del Diario online tenuto da Massimo Sannelli nel corso del 2018. Niímptem vuol dire niente, nel personale petèl dell’ex bambino che fondò un regno in una stanza di Albenga – e l’adulto non romperà l’incantesimo che non c’è mai stato. Sembrerebbe un’opera non destinata ad aprire ad altro, dove Sannelli lascia intuire che il suo tempo di poeta, per dirla con Pasolini, è abbastanza finito. È una delle ultime opere del sé letterato, come ha detto. Ma non ci scommetterei, lui non è davvero il tipo per cui valga il «Nevermore», per lo meno per certe forme di arte.
Niímptem definisce molte contraddizioni, e contestualmente rinsalda l’idea di un caso Sannelli, come dicevo anni fa nell’omonimo e-book: «C’è davvero un caso Massimo Sannelli? A prima vista, è un autore ben pubblicato e ben inserito, ha lavorato nell’editoria e nel cinema, e come poeta figura nelle antologie militanti, quelle che contano. Quindi non è uno sconosciuto. Se vuole pubblicare, pubblica, e se vuole apparire, appare, anche in scena. L’idea del caso fa pensare a un problema. E allora dov’è il caso? Qual è il problema? È nella singolarità: è un autore molto versatile, dà l’impressione di essere fuori del tempo, non sembra appartenere al 2016, né fisicamente né fisiognomicamente. Sannelli è una delle ultime propaggini del poeta-intellettuale, una coda molto autoironica, ma perfettamente consapevole. Come si ricava da queste pagine, dove non ci sono sconti né ambiguità». E per pagine alludevo in particolare ai dialoghi dove era Sannelli ad avere la parola. Solito ad ostentare una posizione antagonistica con il proprio tempo, con il lettore persino, talora provocato o chiamato subliminalmente in causa. Passano gli anni e il caso si complica, insieme alla vita, come in ognuno di noi.
Dopo l’inusuale Nota enfatica di Silvia Marcantoni Taddei, Niímptem, intervallato da grafiche di Sannelli, si divide in due parti: prima vengono i testi «non datati», poi quelli datati, i quali vanno a ritroso, con alcune sfasature da rendere il diario in alcuni punti infedele alla data indicata. Sicché la spartizione in due potrebbe anche passare inosservata. Meglio, come dichiara la Nota, «tutto scorre eccetto il tempo. Il tempo è il cerchio della meditazione, che può essere letta indifferentemente avanti ed indietro, mantenendo un senso in entrambe le direzioni. Non ci si perde finché non ci si percepisce perduti».
Niímptem, niente. Ma non è niente «musicare una nudità e anche una ferita e una mancanza». Sannelli vi flette i propri stilemi anche comportamentali a stilare una continuità tra le proprie origini – da cui nessuno può esulare – e il sé di ora. Si guarda retrospettivamente, pago di quello che ha perduto e di ciò che ha conseguito in cambio.
La notte è fatta per lavorare, nel pomeriggio è possibile «un pieno di niente». Niímptem di fatto documenta il momento di passaggio a Neuromelò, il momento cioè delle opzioni radicali. Anche in questo diario c’è sempre e solo un personaggio, prevaricante direi, e se le altre figure non sono convenzionali, sembrerebbero comunque pretestuose, assoldate strumentalmente ad enfatizzare il soggetto reagente. Ma chi risalta veramente in questo diario è il sé bambino «che fondò il suo regno»: una predizione. Sannelli ne è l’evoluzione e la risultante, smorzata sì dall’esperienza, ma dove i tratti salienti dell’ex bambino sono fissati in un carattere, in un destino. Asocialità e insofferenza verso le consuetudini. Perfezionismo, il fruire rigorosamente di uno spazio lontano dagli altri, togliersi dalla mischia, essere nomade nelle proprie stanze. Una distanza mentale, emotiva, sentimentale da tutto ciò che non porta ad opere o che interferisce negativamente con l’opera in corso. Non c’è spazio per lui nella Camerata de’ Bardi, in un qualche concilio intellettuale o di artisti: la sua può essere solo una «camerata informale», perché Sannelli non è una storia borghese, il suo spazio è tanto forte quanto informale. La cosa piú importante, nel regno segreto, è non involgere i tratti, cioè lo stile, e quindi la connessione corpo-mente, disciplinata dalla «magique étude du Bonheur» , attraverso il dettato di Rimbaud. Il primo giorno del 2019 Sannelli ha scritto: «I tratti del viso possono essere deformati? Sí, ma solo per ragioni attoriali. E nella vita? No: sarebbe volgare, e anche la volgarità è una buona ossessione, per noi nervosi, qui presenti».
Ancora, quindi: una «orgogliosa solitudine», la nausea, e piú ancora l’oscenità, che si combinano nel fare le cose in compagnia. Il rifiuto delle discipline scolastiche come «gradi di noia» anziché come un proprio «modo di essere», interrogante, non acquiescente. L’età adulta chiarisce, «caso per caso», idiosincrasie, rinnegamenti,  separatezza, anche per la circostanza, Sannelli si chiede: «con chi puoi parlare veramente» e «senza imperativi»?. Con pochi in realtà, fideles in minimo.
Si insegue lo scioglimento dell’incompatibilità tra l’individuazione del silenzio («Io & il mio leggio stiamo bene insieme») e la necessità del palcoscenico (Silvia Marcantoni Taddei, in merito: «Il diario inizia là dove il monologo, pur continuando ad includere gli spettatori, si rivolge anche all’interiorità»). L’avversione, ancora, verso i contenuti concettuali e per tutto ciò che – come ogni contenuto – è parafrasabile («il contenuto parafrasabile amato dalla scuola»). Ciò che egli cerca è «il contenuto della forma», che può essere anche una «assenza formale» (è uno dei punti nodali, alla data 29 aprile). Solo il ritmo può significare. E il classico non è né il divo né l’antidivo, Sannelli dice, mentre professa il suo disegno di «cercare in vita qualche intesa con la Divinità». Ma da una posizione mediana tra la mediocrità e il sublime. E qui uno come lui – alla ricerca spasmodica di una singolarità, che spesso dimora nell’eccesso – continua a stupire.


*Lotta di Classico, Genova 2019, pp. 80 nn
https://lottadiclassico.files.wordpress.com/2019/01/niim.pdf

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