lunedì 9 giugno 2014

Radu Vancu, "prima villanella d'amore"



Presento al lettore italiano questo pregevole, finemente cesellato testo di Radu Vancu, uno dei più significativi poeti rumeni dell'ultima generazione. Nella raccolta Frânghia înflorită (Lacorda fiorita), di cui si può leggere qui, nella limpida versione di Eliza Macadan, una selezione (http://poetrytranslation.net/2014/03/31/radu-vancu/), il poeta rimodula sapientemente, come in un'eco distante, volutamente turbata ed alterata, la terzina dantesca e pasoliniana, facendone misura espressiva di un pensiero ossessivo, di un ciclico ed angosciante ritorno dei morti e ai morti nella dimensione sospesa del sogno («Ce-ţi spune unul dintre morţii tăi / cei mai dragi, cel mai iubit dintre morţi, / când te lasă inima să-l visezi: // „Dragule, în ziua aia când soarele de noiembrie / era călduţ ca un cadavru proaspăt / şi eu îţi muream în braţe / nu-mi închipuiam că aici, / unde totu-i înfricoşător de bine, / e un aer tare ca votca»: «Cosa ti dice uno dei tuoi morti / più cari, il più amato fra i morti, / quando il cuore te lo lascia sognare: / “Caro, quel giorno quando il sole di novembre / era tiepido come un corpo appena spento / e io ti morivo fra le braccia / non mi figuravo che qui, / dove tutto è tremendamente buono, / ci fosse un'aria greve come grappa»).
Ora, la forma è quella della villanella, canto di origine popolare napoletana, ma già passato attraverso numerose trasfigurazioni e riletture, anche otto-novecentesche, dal Parnasse al modernismo, da Banville a Leconte de Lisle, da Auden a Sylvia Plath a Dylan Thomas.
Proprio a quest'ultimo si deve la più celebre villanella della poesia contemporanea («Do not go gentle into that good night, / Old age should burn and rave at close of day; / Rage, rage against the dying of the light»: «Non scivolare inerte in quella buona notte, / arda l'età tarda, e faccia del crepuscolo un'orgia; / Ringhia, ringhia contro la luce che tramonta»), vicina a questi versi per l'ipnotico ricorrere, e rincorrersi, di formule rime assonanze (al cui rispecchiamento ho a volte sacrificato la fedeltà alla lettera) che avvolgono e modellano l'intrico di amore e morte, di tenebre e luce.
Anche una forma che pare ormai svuotata, ridotta a curiosità folclorica, a reperto erudito o ad esercizio virtuosistico, può recuperare una nuova, insospettabile ed incessante vitalità: vitalità un tempo popolare, ingenua, sorgiva, ora inevitabilmente filtrata, polverosa cupa ed inquietante, forse, come quella di un revenant, di un morto sopravvissuto a se stesso, che ritorna nei sogni come sulle pagine, nei pensieri come nei versi con i loro refrain insistiti ed ossessivi. (M. V.)



întâia villanella de amor

nu poţi şti când lumina e-ntr-adevăr lumină
ori numai moartea dulce-ntunericului când
absenţa ta se face din ce în ce mai plină.

deşi coboară-n mine privirea cea satină
a ochilor tăi verzi, întunecat arzând,
nu poţi şti când lumina e-ntr-adevăr lumină.

goi, sânii tăi noptatici în mână îmi suspină
şi trupurile noastre se-ngemănează blând -
absenţa ta se face din ce în ce mai plină -,

apoi, sânii noptatici de suflet mi se-anină
şi-l sfâşie. lumini ţâşnesc din el cântând.
(nu poţi şti când lumina e-ntr-adevăr lumină.)

iei sfâşiatul suflet în mâna cristalină
şi-l sorbi ca pe un abur, din doi unul făcând.
absenţa ta se face din ce în ce mai plină.

pe pielea ta e noaptea o spumă tot mai fină.
sub ea, sufletul meu luceşte ca un gând.
nu poţi şti când lumina e-ntr-adevăr lumină.
absenţa ta se face din ce în ce mai plină.

(din Epistole pentru Camelia, 2002)


prima villanella d'amore

non puoi sapere quando la luce è veramente luce
o soltanto il morire delle tenebre mentre
la tua assenza si fa di giorno in giorno più atroce.

perciò entra in me lo sguardo che traluce
dai tuoi occhi verdi di tenebra ardente
non puoi sapere quando la luce è veramente luce.

nudo, il tuo notturno seno si fa nelle mie mani ansante voce
e i nostri corpi divengono uno solo dolcemente -
la tua assenza si fa di giorno in giorno più atroce -,

poi, il tuo notturno seno diviene alla mia anima croce
e ferita. Le luci da lei stillano in canto.
(non puoi sapere quando la luce è veramente luce.)

prendi l'anima ferita nella mano che riluce
e la delibi come un vapore, in un unico incanto.
la tua assenza si fa di giorno in giorno più atroce.

sulla tua pelle la notte come spuma sottile s'induce.
sul fondo, riluce la mia anima come un pensiero infranto.
non puoi sapere quando la luce è veramente luce.
la tua assenza si fa di giorno in giorno più atroce.

(da Epistole per Camelia, 2002)

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.