«Ni
una mujer más»,
«Mai
più una donna uccisa»:
questo il proclama che anima gli attivisti di Ciudad Juarez, i quali
tentano invano di arginare il fenomeno degli assassinî,
atroci quanto inspiegabili, di donne povere e smarrite in quella
piccola città perduta nel deserto messicano, a pochi chilometri dal
confine con gli Stati Uniti, terra promessa che in quelle regioni
aride e amare molti sognano come meta di fuga e luogo di riscatto.
Susana
Chávez,
la poetessa che aveva creato quel motto, nella notte fra il cinque e
il sei gennaio 2011, non ancora quarantenne, è caduta a sua volta,
con tragica ironia, vittima di quell'anonima e misteriosa crudeltà.
Ritrovata con una mano mozzata e la testa avvolta in un sacco: come a
dire che non avrebbe dovuto scrivere, e che non avrebbe dovuto
parlare.
Era
l'esponente forse più significativa del movimento poetico di Ciudad
Juarez, di quella cerchia (basti qui ricordare Elegía
en el desierto di
Micaela Solís:
«Irretita
nelle sue strade, la città, / sospende impavida la morte / alla
profondità del suo silenzio. / Irretiti, le sue ore e i suoi giorni
/ nelle perfide menzogne della luce / alba esausta dell'ultimo
naufragio»)
di idealisti, di artisti o di illusi che tentano di contrapporre la
forza disarmata della parola alla ferocia dei trafficanti e degli
assassini. Autrice di versi accesi e visionari, d'intensa passione,
che fanno pensare, a tratti, a Neruda. Nel testo di séguito
riportato (che doveva far parte del libro Primera
tormenta,
troncato dalla morte) vi è quasi un oscuro presagio del proprio
destino, oltre al forte, ostinato e disperato attaccamento
all'identità femminile. (M. V.)
SANGRE
NUESTRA
Sangre
mía,
de
alba,
de
luna partida,
del
silencio.
de
roca muerta,
de
mujer en cama,
saltando
al vacío,
Abierta
a la locura.
Sangre
clara y definida,
fértil
y semilla.
Sangre
incomprensible gira,
Sangre
liberación de sí misma,
Sangre
río de mis cantos,
Mar
de mis abismos.
Sangre
instante donde nazco adolorida,
Nutrida
de mi última presencia.
SANGUE
NOSTRO
Sangue
mio,
d'alba,
di
luna lacerata,
del
silenzio,
di
pietra morta,
di
donna in una stanza,
che
si getta nel vuoto.
Aperto
alla follia,
Sangue
chiaro e scolpito,
fertile
e seme.
Sangue
indecifrabile fluisce,
Sangue
liberazione di se stesso,
Sangue
amaro dei miei canti,
Mare
dei miei abissi.
Sangue
istante da cui nasco addolorata,
Nutrita
della mia estrema presenza.
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