venerdì 7 maggio 2010

SOGNO FATTO IN PRESENZA DELLA RAGIONE (VERSI DA UN ALTRO MONDO)




Antonio Canova, monumento funebre di Vittorio Alfieri, Firenze, Santa Croce (foto di Elisabetta Brizio)



SOGNO FATTO IN PRESENZA DELLA RAGIONE (VERSI DA UN ALTRO MONDO)



a Elisabetta Brizio


Ero una bambina del Settecento e conoscevo Newton
e la postulata infinità dello spazio-tempo inerziale;
camminavo fra lontananze arcadiche,
senz'anima, nel tenero smeraldo
dell'erba, in riva al fiume antico
che orlava la città come un diadema
e ora è sepolto (ma scorre
ancora, anche non visto, ignaro
del tempo e degli sguardi).

Entravo poi nella città dei morti
dai grandi marmi - ero piccola
come una formica, potevo cadere
fra una lastra e l'altra come in un abisso;
mi insinuavo nei loculi e una blatta
era una bestia del cretaceo, un cadavere immenso
lontano oscuro era un fetido dio.

E cercavo di uscire, vanamente -
inseguivo me stessa come in un labirinto -
poi varcai per un soffio un'immensa porta vitrea.

"Di giusto voler lo suo si face"
cantava sapiente, infinita, una voce.

E tutto era di nuovo puro e limpido
come al principio.

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