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lunedì 14 luglio 2025

Un inedito di Paolo Ruffilli


(Immagine generata tramite IA)


Ho il piacere di presentare una poesia inedita di Paolo Ruffilli.

Una lirica “a colata unica”, Durchkomponiert si direbbe in musica; quasi una sottile e delicata declinazione, in termini di abbassamento intimistico più che di parodia, della dannunziana “strofe lunga”.

E una celebrazione del “presque-rien”, del quasi-nulla da cui può irraggiare il tutto, del “presque-silence”, “quasi-silenzio” in cui è racchiusa ogni voce, di Jankélévitch.

Rivisitazione in chiave amorosa, più che etica, dell’oraziano “contentus vivere parvo”?

Certo l’impalpabile interstizio, l’inconsistente ma essenziale velo di nulla fra l’abito e il corpo è il confine finissimo fra l’esistenza e l’inesistenza, fra la presenza e il ricordo.

Il dettato poetico, qui volutamente così esile che un soffio parrebbe bastare a dissolverlo, danza con passi lievi su quel fascinoso crinale.

(M. V.)


INSIEME

Come convincerti
della bellezza
che c’è nel poco,
quel minimo che si ribalta
nel tutto più assoluto
e ti fa subito sentire
l’inconsistenza
d’ogni altra cosa
tu possa fare,
di ogni altro posto.
Eppure dovresti
già avvertirla
la presenza impareggiabile
che c’è nel delicato
e nel nascosto qui di noi,
la nudità che appena
sotto gli abiti
canta la gloria
del nostro stare insieme
dentro l’esistenza.

venerdì 11 settembre 2009

MARGHERITA GADENZ, "UN ANDITO"

Di fronte a questi versi di Margherita Gadenz si sarebbe tentati, a prima vista, di parlare – ricorrendo ad una definizione di comodo, e spesso ipostizzata o strumentalizzata - di “poesia femminile”. Tipica di quest'ultima parrebbe la sensualità accesa ed intensa, tradotta e rispecchiata in una materia verbale agitata da palpiti, spasmi, fremiti (si vedano le vibranti allitterazioni di tre versi mirabili: “a sagomarci il sesso a labbra strette / pieni di umida paura nella Venezia / senza sole”).

Eppure, l'autrice si discosta dalle semplificazioni e dalle degenerazioni che questa poetica sensualistica (si pensi all'erotica dell'arte teorizzata da Susan Sontag in opposizione, peraltro legittima, ad ogni tecnicismo ermeneutico e ad ogni monopolio ideologico, metodologico, interpretativo) può produrre nella poesia femminile meno misurata e meno avveduta.

In lei, semmai (come nella Plath o nella Bachmann, nella Lasker-Schüler o nella Rosselli, insomma in autrici dal respiro moderno ed internazionale), la sensualità trova il suo controcanto esistenziale complesso, problematico, per certi aspetti nobilmente tragico, in una assidua e convulsa vigilanza intellettuale, razionale, che si traduce in coscienza stilistica e in lavorio formale. È nel pensiero, nella parola, nello stile che la carne viva, il corpo estatico o sofferente trovano il proprio silenzio e la propria espressione più veri, la propria forma scolpita e il proprio segreto moto, il proprio venire alla luce ed inabissarsi in se stessi, nel proprio oscuro gorgo – il pieno e il vuoto, la memoria e l'assenza, la soddisfazione e la mancanza, il baciare chi non c'è - infine, la propria discreta celebrazione, in un andito, e il proprio martirio glorioso.

Del resto, ciò che l'immagine, la parola, la voce evocano e ridestano - come un fascio di luce intermesso e sfrangiato da un trilite – è proprio e sempre una presenza-assenza, un segno-ferita - l'essere e la sua latitanza, il suo iato, la sua - direbbe Lacan – béance. (M. V.)


Un andito, un piccolo pertugio
dove tu ed io ci siamo spinti fino a toccarci il petto
notturni in pieno giorno
a sagomarci il sesso a labbra strette
pieni di umida paura nella Venezia
senza sole

di sopra tua madre con l’aria da zingara
nerastra cucinava un minestrone
a mille foglie

Non ricordo nemmeno se ho mangiato

ti ho baciato tutto il viaggio di ritorno
anche se non c’eri

16 maggio 2009

Margherita Gadenz