(Immagine generata tramite IA)
Ho il piacere di presentare una poesia inedita di Paolo Ruffilli.
Una lirica “a colata unica”, Durchkomponiert si direbbe in musica; quasi una sottile e delicata declinazione, in termini di abbassamento intimistico più che di parodia, della dannunziana “strofe lunga”.
E una celebrazione del “presque-rien”, del quasi-nulla da cui può irraggiare il tutto, del “presque-silence”, “quasi-silenzio” in cui è racchiusa ogni voce, di Jankélévitch.
Rivisitazione in chiave amorosa, più che etica, dell’oraziano “contentus vivere parvo”?
Certo l’impalpabile interstizio, l’inconsistente ma essenziale velo di nulla fra l’abito e il corpo è il confine finissimo fra l’esistenza e l’inesistenza, fra la presenza e il ricordo.
Il dettato poetico, qui volutamente così esile che un soffio parrebbe bastare a dissolverlo, danza con passi lievi su quel fascinoso crinale.
(M. V.)
INSIEME
Come convincerti
della bellezza
che c’è nel poco,
quel minimo che si ribalta
nel tutto più assoluto
e ti fa subito sentire
l’inconsistenza
d’ogni altra cosa
tu possa fare,
di ogni altro posto.
Eppure dovresti
già avvertirla
la presenza impareggiabile
che c’è nel delicato
e nel nascosto qui di noi,
la nudità che appena
sotto gli abiti
canta la gloria
del nostro stare insieme
dentro l’esistenza.
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